Il caso Regeni sembra fatto apposta per mettere alla prova della pazienza delle democrazie la giustezza delle forme giudiziari
La corte Costituzionale era chiamata pronunciare su di una fattispecie caratterizzata dalla tensione non risolta tra il diritto dell’imputato a presenziare al suo processo, l’obbligo dello Stato Italiano di perseguire gli atti di tortura, ed il diritto spettante all’intero consorzio umano all’accertamento della verità processuale riguardante per l’appunto tali crimini.
Lo Stato territoriale del commesso diritto è tenuto ad esercitare la propria giurisdizione in alternativa allo Stato di appartenenza della vittima. Nel nostro caso la scelta di procedere ad accertare in Italia gli atti di tortura affermati nei confronti del cittadino Giulio Regeni era ritualmente intervenuta nel marzo del 2016.